L’usucapione di un bene ereditario

Avviene spesso che, alla morte di una persona, uno degli eredi continui ad abitare da solo nella casa che, assieme ad altri eredi, ha ricevuto in successione.

Dopo vent’anni, quel coerede, rimasto per tutto i tempo nel possesso esclusivo della casa, potrebbe affermare di esserne divenuto il solo proprietario, per aver usucapito anche la quota degli altri coeredi.

Tuttavia, se decorso quel termine egli si comporta ancora come comproprietario e non come proprietario esclusivo, l’usucapione non si verifica.

Questo principio è stato bene espresso dal Tribunale di Verona con la sentenza 18 luglio 2022, n. 1392.

Il caso trattato dal Tribunale di Verona

In una causa per la divisione di beni immobili caduti in successione, il coerede convenuto aveva affermato di aver usucapito l’appartamento, compreso nel compendio da dividere, in cui abitava da più di vent’anni.

Nel corso del giudizio, però, è emerso che quello stesso convenuto, dopo che era interamente decorso il termine ventennale, aveva conferito ad un geometra l’incarico di elaborare un progetto di divisione degli immobili ereditari, chiedendo che gli fosse assegnato l’appartamento da egli occupato.

Secondo il Giudice veronese, tale comportamento denota la consapevolezza, da parte del convenuto, del fatto che il suo possesso non fosse idoneo a configurare un acquisto a titolo di usucapione del medesimo bene.

Diversamente, infatti, non si spiegherebbe, sotto il profilo logico, il suo comportamento, sfociato nel conferimento del predetto incarico e teso a farsi assegnare, in piena ed esclusiva proprietà, proprio l’immobile da egli abitato e che, secondo la sua prospettazione, sarebbe stato già di sua esclusiva proprietà, essendo all’epoca dei fatti già maturato il termine ventennale per l’usucapione.

L’orientamento della Corte di Cassazione

Tale principio si conforma al costante orientamento della Suprema, secondo cui “il coerede che, a seguito della morte del de cuius, sia rimasto nel possesso del bene ereditario può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri eredi, senza necessità di interversione del titolo del possesso. A tal fine, però egli, che già possiede animo proprio e a titolo di comproprietà, è tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività, il che avviene quando il coerede goda del bene con modalità incompatibili con la possibilità di godimento altrui e tali da evidenziare una inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus” (Cass. 9359/2021).

Conclusione

Per usucapire il bene comune, quindi, non basta possederlo in modo esclusivo per oltre vent’anni, ma occorre anche la volontà di possedere come proprietario, volontà incompatbile con la scelta di procedere alla divisione della comunione ereditaria che, viceversa, dimostra la consapevolezza della comproprietà del bene da dividere.